giovedì 3 settembre 2009

Antigone e i padri padroni 09.05.05

La cronaca nera mediorientale si è intrecciata in questi giorni con la cronaca culturale in modo drammatico ma, al tempo stesso, ricco di suggestioni. “Repubblica”, nelle sue pagine culturali, ha pubblicato l’annuncio d’una lettura dell’”Antigone” di Sofocle affidata a Monica Guerritore e Luca Lazzareschi ed inserita in un ciclo di letture di testi classici sui grandi temi della Legge e della Giustizia, che si sta svolgendo a Bologna.
La tragedia di Sofocle, rappresentata ad Atene nel V secolo a.C., narra la rivolta coraggiosa, anzi temeraria di Antigone, giovane donna, contro il tiranno di Tebe, Creonte, che vuole lasciare insepolto il cadavere di Polinice, fratello di Antigone, colpevole d’aver impugnato le armi contro di lui. A differenza di due altri famosi tragedi dell’antica Grecia, Eschilo ed Euripide, Sofocle non ama affidare alle sue opere messaggi troppo espliciti ed anche in Antigone egli si limita a contrapporre la ragion di Stato del tiranno, che vuol ricordare al popolo il destino d’infamia che attende i ribelli, e Antigone, che è pronta a rischiare la vita pur di testimoniare i sentimenti di rispetto e di pietà che devono unire sempre gli uomini, al di là dei loro odi e conflitti politici. E in questa tragedia non ci sono né vinti né vincitori: Antigone sarà uccisa dagli sbirri di Creonte, ma questi vedrà la rovina della sua famiglia e il suicidio di suo figlio Emone, disperato per la morte di Antigone, sua promessa sposa.
Al di là della trama apparentemente “neutrale”, dalla figura di Antigone si sprigiona un fascino contagioso che ne ha fatto un punto di riferimento eterno per le coscienze libere e ricche di umanità, risolute a ribellarsi alla tirannìa anche a costo della vita, in nome dei propri sentimenti umani e dei propri ideali. Quel fascino contagioso è sempre dipeso, credo, anche dal fatto che Antigone è una giovane donna in rivolta contro il potere maschile, ma oggi esso mi sembra moltiplicarsi nel quadro dello scontro epocale in atto tra la morale maschilista delle religioni tradizionali e l’etica dei diritti umani universali di cui l’Occidente liberale è o dovrebbe essere paladino. E questo scontro, come dicevo all’inizio, ha trovato espressione quasi emblenatica in alcuni episodi atroci di cronaca nera riferiti dai giornali proprio in questi giorni.
A Ramallah, in Cisgiordania, un padre cristiano palestinese ha assassinato la figlia di 22 anni che intendeva sposare, nonostante il suo divieto, un islamico palestinese, mentre in quello stesso giorno, alla periferia di Gerusalemme, un giovane islamico ha ucciso due sorelle, e ne ha gravemente ferito una terza, che avevano troppo “fraternizzato” con gli israeliani. E dopo quest’azione mostruosa l’assassino ha incassato la solidarietà e il plauso dei genitori delle ragazze. Di recente, inoltre, una giovane di Gaza era stata assassinata dalla polizia del buon costume di Hamas, il movimento estremista appoggiato anche dai nostri cari post-comunisti, ed un’altra ragazza di Tulkarem, stuprata dal padre che l’aveva anche messa incinta, era stata sgozzata dal fratello perché si era permessa di protestare pubblicamente contro il suo bravo babbino. E questo caso ci riporta al delitto di Ramallah, ricordato poco fa.
Il paparino di Ramallah non era stato travolto da un impeto improvviso di collera. Prima aveva percosso così brutalmente la figlia che questa aveva dovuto essere ricoverata in ospedale. Poi quando questa, terminato il ricovero, era tornata a casa, l’aveva assassinata a colpi di spranga. E quando, ai funerali della ragazza, alcune donne dei movimenti femminili palestinesi avevano tentato di protestare contro la sostanziale impunità che le leggi palestinesi assicurano agli autori dei cosiddetti delitti d’onore, altre donne islamiche, diciamo così benpensanti, le avevano rimproverate e aggredite perché “colpevoli” di voler denunciare l’omertà e il silenzio con cui la società islamica “copre” quegli orrendi crimini.
Ecco dunque la lezione che ci viene dall’intreccio della cronaca nera palestinese con la rievocazione bolognese di Antigone. Nei delitti mostruosi di Ramallah, Gaza e Tulkarem vediamo i frutti avvelenati dell’etica maschilista di tutte le religioni monoteiste, compresa la cristiana: sì, anche la cristiana, e non solo perché il babbino libanese era un cristiano osservante ma anche perché le prodezze di molti babbi cristiani anche nostrani non sono state meno orripilanti, finchè il cristianesimo non ha dovuto fare i conti col pensiero e con le leggi liberali. Basterà ricordare il martirio di Beatrice Cenci, stuprata dal padre (un mostro di crudeltà e brutalità) e decapitata a Roma per volere di papa Clemente (si fa per dire) VIII, perché aveva aiutato il fratello e la madre a sopprimerlo. Del resto, lo spirito tirannico del Dio giudaico-cristiano emerge nella storia di Abramo, spinto da Jahvè fin quasi a sgozzare il figlio Isacco per verificare la sua devozione, o in quella di Gesù, figlio di Dio stesso, che deve farsi crocifiggere per placare le ire del Padre suo contro gli umani, disobbedienti e peccatori.
In Antigone, invece, 500 anni prima di Cristo e 1.000 prima di Maometto, vediamo onorato e celebrato il coraggio di una giovane donna, autentica pioniera dei diritti umani, che sfida il tiranno in nome dei suoi valori morali e della pietà dovuta ai defunti. In lei vediamo rivendicati, per la prima volta nella storia, i diritti della coscienza morale individuale che troveranno poi espressione sempre più chiara ed articolata nella democrazia ateniese e nella filosofia classica, poi nell’umanesimo e infine nell’Illuminismo e nello “Spirito delle Leggi” di Montesquieu. In tutto questo processo di rivolta contro il dispotismo patriarcale le religioni monoteiste, tutte maschiliste e patriarcali, sono state quasi sempre dalla parte degli oppressori. Proclamare le radici cristiane della Costituzione liberal-democratica europea, come pretendeva papa Woytila e come oggi pretende papa Ratzinger, o appoggiare le pretese islamiche contro l’Occidente liberale come fanno i nostri cosiddetti progressisti, sarebbe stato e sarebbe dunque non solo un clamoroso falso ideologico e storico, ma anche una scelta che avrebbe candidato l’Europa alla perpetuazione degli scontri di civiltà (anzi d’inciviltà) religiosa e dogmatica che per secoli hanno insanguinato il mondo e che a parole si vogliono evitare.

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