lunedì 7 settembre 2009

La società aperta e i suoi nemici



Con questo titolo il filosofo austriaco Karl Popper pubblicò nel 1945 un'opera fondamentale in cui indicava in alcuni famosi pensatori (Platone, Aristotele, Friedrich Hegel e Karl Marx) i "cattivi maestri" delle concezioni dogmatiche e chiuse della società umana.



Riflettendo in questi giorni sulle condizioni della cultura occidentale mi sono accorto che i nemici della società aperta sono stati e sono ben più numerosi dei "quattro gatti" (sia pure illustrissimi)denunciati da Popper. Anzitutto, mi è apparso evidente che le società chiuse sono state e sono ben più numerose di quelle figliate da quei pochi "cattivi maestri". Tutte le società primitive, che hanno preceduto di migliaia di anni i "cattivi maestri", e tutte le società storiche (salvo quella greca) che li hanno preceduti o accompagnati per secoli, sono state "società chiuse" che hanno ostacolato o perseguitato il libero pensiero e ogni sviluppo sociale divergente dai dettami del rispettivi dogmatismi religiosi o politici. (Poichè le società primitive oggi vanno molto di moda, mi sembra doveroso ricordare che, per quanto affascinanti siano per noi certi loro valori e modi di vivere, si tratta sempre di società totalizzanti, rimaste immobili per millenni appunto perchè in esse non era nè prevista nè ammessa nessuna deviazione dalle norme rigide e dal "pensiero unico" che le governavano.)



Sopratutto, però, ho dovuto constatare che, anche nel mondo odierno, i nemici dell'Occidente liberale (unica società aperta in un mondo dominato dalle tirannie politiche e religiose) erano molto più numerosi dei seguaci di Hegel o di Marx. Certo questi ultimi hanno avuto un'influenza nefasta nella nascita dei regimi dogmatici più mostruosi del '900, il nazismo e il comunismo, e nella diffusione delle tirannie nazionaliste o comunistoidi in tutto il mondo, ma, almeno nell'Occidente liberale, oggi i suoi numerosissimi nemici non sono più (nè si dichiarano) seguaci di quei "cattivi maestri" ottocenteschi.



E questa realtà ci costringe a constatare ancora una volta l'inadeguatezza dei metodi storici o filosofici adottati dallo stesso Popper ed a constatare che solo un approccio psicologico e psico-culturale consente di capire la diversità dei vari tipi di nemici della società aperta.



Come dicevo questi nemici, nella nostra società, sono ben più numerosi dei seguaci di Hegel o di Marx. Praticamente, anzi, sono la maggioranza stragrande della cosiddetta intelligentsia euro-americana. Questi cosiddetti intellettuali (scrittori, giornalisti, artisti, filosofi o teologi che siano) si dedicano da sempre e con zelo crescente o alla denigrazione dell'Occidente liberale o alla esaltazione e difesa dei suoi nemici.



Beninteso non voglio e non ho mai voluto negare che anche l'Occidente liberale abbia magagne gravi di natura sociale e morale (che, per parte mia, ho cercato sempre di denunciare e rimediare), ma è per lo meno strano che i nostri intellettualetti e intellettualoni più celebrati non si siano minimamente impegnati nella difesa dell'Occidente liberale e nel suo miglioramento graduale, ma abbiano prodigato il loro ingegno solo per denigrarlo e per esaltarne i nemici esterni. E, con buona pace di Popper, questa moltitudine di nemici interni s'ispira solo in minima parte a quei pochi "cattivi maestri"di stampo hegeliano e marxista.



Se però, come accennavo poco sopra, si guarda il fenomeno con la lente della psicologia politica liberale tutto si chiarisce subito. Come i bambocci viziati del '68 e del '78 detestavano le loro famiglie permissive negli anni in cui Cooper proclamava "la morte della famiglia", così, oggi che la famiglia è tornata di moda, molti nostri intellettuali hanno trasferito il loro odio sulla società liberale che li ha generati. Ma il processo, da un punto di vista psicologico o psicopolitico, non è cambiato affatto. In realtà, oggi come nel '68, a guidare le scelte degli intellettualetti e intellettualoni non è tanto questo o quella teoria ma l'"attrazione fatale" che essi sentono per i nemici più rabbiosi della "società aperta". Del resto (e la cosa conferma ulteriormente la superiorità dell'approccio psicologico) anche nel '900 le cose non erano andate molto diversamente. A dettare l'irresponsabile appoggio dato da tanti intelettuali europei alle mostruose tirannie di stampo nazista e comunista non era tanto la loro adesione alle teorie nazionaliste o marxiste quanto la loro attrazione per i nemici giurati dell'Occidente liberale.

Quello del '900 era un gioco già molto pericoloso, che ha rischiato di consegnare il futuro del genere umano a una cricca di dittatori sanguinari. Ma il gioco odierno è molto più pericoloso perchè tende a creare alleanze o complicità con le forze del fanatismo islamico, cioè con un fanatismo che non è controllabile con la forza militare (essendo composto da gente bramosa e sicura di assicurarsi la felicità eterna con la morte in battaglia) ed è ormai vicinissima a impadronirsi delle armi nucleari. Proprio in questi giorni giorni è apparsa sui giornali una foto emblematica: quella del dittatore venezuelano Chavez (idolo di molti nostri intellettualetti per il suo odio furibondo contro l'America e la classe media del suo paese) appassionatamente abbracciato col fanatico dittatore iraniano Ahmadinejad, negatore della shoà, paladino di terroristi e fondamentalisti molto più barbari dei più barbari criminali nazisti e comunisti e prossimo detentore di armi nucleari.

Chi sappia vedere le tragedie nascoste dietro quella foto può meglio intuire la stolta irresponsabilità con cui tanta parte della nostra cultura appoggia ogni alleanza tra i nemici dell'Occidente liberale. E badate bene, non si tratta solo della cultura di sinistra. Proprio oggi "Il Giornale" di Vittorio Feltri ha pubblicato un'ammirata recensione dell'ultimo film di Oliver Stone e delle sue ammirate interviste con i leaders più ferocemente antioccidentali dell'America Latina: da Chavez a Morales a Castro. Sono interviste che mi hanno ricordato quelle di un pennivendolo francese con Hitler, Mussolini e Stalin, pubblicate alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale in un volume intitolato "Je connais ces dictateurs" ("Io conosco davvero questi cosiddetti dittatori"). In quel volume, l'autore presentava un quadro bonario e rassicurante dei tre temuti dittatori, incoraggiando la cultura e la politica capitolarda d'Europa e d'America assai forti anche in quegli anni: esattamente come fanno oggi Oliver Stone e il redattore de"Il Giornale".

1 commento:

  1. La forza dell'apertura della nostra società esiste proprio in funzione della possibilità di critica che molti, siano essi cattivi maestri o ingenui adepti o quant'altro, possono appunto esercitare.

    Se non ci fossero questi punti di vista e se non ci fosse cotanta blasfemia intellettuale, la nostra non sarebbe una società aperta, ma chiusa come quelle altre che lei cita.

    Credo quindi che il suo ragionamento sia tautologico.

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